Lucio De Bortoli ©
Pietro Bertolini. Breve profilo
Pietro
Bertolini. Breve profilo di colui che è stato, nei mesi che precedettero
l'entrata in guerra dell'Italia, il numero due di Giovanni Giolitti e
probabilmente destinato a formare il nuovo governo in caso di non belligeranza
dichiarata del paese. Il documento si riferisce alla terribile contingenza
'17-18 nel corso della quale -come si può leggere nel secondo contributo-
Bertolini si attivò fortemente per i civili del montebellunese.
Nasce a Venezia il 24 luglio 1859.
Il padre Camillo era magistrato di Corte d’Appello, la madre Ludovica Rigaglia
era figlia di facoltosi commercianti. La famiglia Bertolini possedeva beni e
proprietà a Montebelluna
Il giovane avvocato Piero il 31
dicembre 1884 viene nominato sindaco di Montebelluna dal prefetto Pallotta tra
lo stupore e le proteste della giunta Cornuda che si dimette in blocco. Dopo la
gestione commissariale del delegato Orsini, Pietro Bertolini sbaraglia il campo
alle elezioni straordinarie del 21 giugno e ridiventa sindaco. La personalità
di Bertolini di impone rapidamente, soprattutto per l’efficacia organizzativa e
progettuale che dimostra nell’affrontare la secolare questione del problema
Montello.
Nel settembre 1890 ottiene la
candidatura alle politiche dall’Assemblea Liberale Monarchica di Treviso. Le
elezioni del 23 novembre vedono la vittoria dei candidati della sinistra
liberale, l’avvocato Roberto Andolfato di Crespano, il professore Giuseppe
Benzi di Treviso e il conte Pietro Rinaldi di Castelfranco. Bertolini è il
primo dei non eletti.
A causa dell’ineleggibilità del
Benzi le elezione vengono riconvocate e questa volta vince Bertolini. E’ il 22
febbraio 1891 e il brillante sindaco di Montebelluna entra alla Camera. E sarà
grazie alla sua spinta e alla sua competenza giuridica che nel marzo del 1892
viene varata la legge di colonizzazione del Montello, tema che lo aveva tenuto
occupato già prima da sindaco e da studioso degli usi civici.
Ripetutamente eletto al
parlamento, nel corso della sua lunga carriera politica Bertolini si segnalò
peri suoi studi sulle autonomie locali, abbracciando però, almeno all’inizio,
la linea conservatrice di Sonnino. Ma, a prescindere dalle collocazioni
politiche, l’attivismo di Bertolini comincia a produrre i primi incarichi. Nel
giugno del 1894 e infatti sottosegretario alla Finanze nel terzo governo Crispi
(appoggio di Sonnino).
Con il ritorno al Collegio
Uninominale le fortune elettorali dell’uomo politico montebellunese non mutano
e egli sbaraglia il campo sino al 1913. Nonostante gli incarichi di governo,
l’attenzione per il suo “feudo” di collegio rimane vivissima. Nel 1896 segnala
il problema della stazione ferroviaria di Montebelluna e le necessità della
fermata a Pederobba lungo la linea Treviso-Belluno. Si interessa anche delle
opere di difesa del Piave nel tratto si Nervesa. Si attiva, prima con una
donazione assieme a Ludovico Manin del sito, e poi attiva l’acquedotto di San
Giacomo di Fener. Molto presente in Consigli Comunale, a prescindere dalla
carica esercitata, svolge sempre la funzione di relatore ufficiale delle
proposte di giunta sui temi più svariati che poi provvede ad accompagnare nelle
sedi proprie e più favorevoli (strade, questione tramvia, telefonia,
elettricità, nuovo teatro, istituende Biblioteca e Casa di Ricovero Umberto I,
insediamenti industriali, ecc.). Costruisce assieme ai suoi sidali (Peratoner,
Manin, Guido Dall’armi, Antonio Innocente, Rizzardi, Giovanni Polin) una rete
clientelare e di interessi molto forte e in costante relazione pragmatica con
la chiesa. Bersaglio principale della stampa democratica e laica, la sua
invadenza politica e la sia obiettiva disinvoltura nei decenni tra Otto e
Novecento raggiunsero livelli così radicati tra i suoi oppositori da provocare
anche esercizi satirici di questo tipo:
(1.) Io credo in Bertolini e nella sua
politica onnipotente e per conseguenza anche in Dio se e quando e quanto piace
a Lui; (2). Credo nell’interesse unico signor nostro: (3) per il quale si può
benissimo andare a Messa senza credere in una patacca (4) e fare i galoppini.
(5) Credo che si debba stringere oggi la mano al prete, per domani farla in
barba a lui; (6) salire ai più alti posti alla destra di Bertolini “babbo”
onnipotente, (7) al quale solo spetta il diritto di giudicare tutto e tutti.
(8) Credo la Chiesa un comodino qualunque ed i preti buoni uomini che si
lasciano facilmente menare pel naso; (9) la remissione dei peccati, basta
saperla darla ad intendere. (10) Credo tutti gli altri uomini fuori di noi, una
manica di imbecilli, (11) la resurrezione del partito, caso mai avesse a
cadere, (12) la vita eterna del medesimo e così sia.
(Il Berico, 9 agosto 1901)
La grande politica rimane però
sempre nel suo mirino. Nel 1899 diventa sottosegretario dell’Interno nel 2°
gabinetto Pelloux. L’anno seguente verrà coinvolto nella denuncia di Napoleone
Colajanni sulla manipolazione da parte degli apparati dello Stato della volontà
degli elettori. Qualche anno dopo lascia Sonnino e aderisce alle linea politica
e governativa di Giolitti. La svolta paga perché nel 1907 diventa Ministro dei
Lavori Pubblici. In tale veste si prodiga moltissimo per le popolazioni di
Reggio e Messina colpite dal disastroso terremoto alla fine del 1908; occupa
della complessa questione della statalizzazione delle Ferrovia, organizza le
concessioni ai privati delle linee secondarie e si attiva per mandare in
esecuzione le linee Belluno Pieve di Cadore e Motta Portogruaro.
Nel
1911 è relatore della nuova legge elettorale che estende il diritto di voto a 8
milioni di cittadini (3 milioni in precedenza). Nello stesso anno è anche
Plenipotenziario a Losanna per le trattative di pace con la Turchia a proposito
della guerra di Libia che porterà alla firma del 18 ottobre. Lo stesso giorno
Giolitti istituì il Ministero delle Colonie, al quale viene chiamato proprio
Bertolini che raggiunge così l’apice della sua carriera. Poco dopo, nel 1913, l’anno
in cui verrà rieletto solo grazie al voto determinante dei cattolici, comincerà
invece il suo lento declino. Il suo ultimo grande successo popolare sarà
l’inaugurazione della tramvia Asolo-Montebelluna-Valdobbiadene il 3 agosto del 1913.
Allo
scoppio del conflitto Bertolini assume una posizione neutralista e la mantenne
sino alla fine. Si prodigò per le popolazioni del montebellunese, ma, nelle
elezione del 1919 venne pesantemente sconfitto da Guido Bergamo.
Il
27 novembre 1920, mentre ritornava in treno dal Belgio, dove era vicepresidente
della commissione interalleata per le riparazioni di guerra, venne colto da
improvviso malore e morì nei pressi del confine italo-francese.
Lettera a Diaz, 29 gennaio 1918
2. Una
di tali fonti è la ricchissima collezione epistolare conservata nell’archivio
privato di Pietro Bertolini, il “padrone”
assoluto della scena politica locale dagli anni ottanta dell’Ottocento, nei
quali viene nominato sindaco per poi divenire figura di spicco -parlamentare,
sottosegretario, ministro- di quella nazionale[1].
Bertolini, nei mesi cruciali della scelta dell’intervento, aveva, come è noto,
assunto una posizione di calcolato neutralismo, convinto che il conflitto avrebbe
prodotto la catastrofe del territorio[2]. È
stato sottolineato che nella decisione di Bertolini abbia molto influito il
terrore di un’invasione della sua terra[3]. Può
essere che tale preoccupazione avesse anche risvolti personali e peraltro
giustificabili. Tuttavia, le parole con cui, nell’immediato dopoguerra, il
cosiddetto “tecnocrate” giolittiano
argomenta una posizione che metta al centro di qualsiasi decisione concernente
un conflitto in armi l’opinione del popolo può essere letta come una tarda, ma
decisa, uscita dal suo tradizionale moderatismo conservatore[4].
Parole precedute, comunque, da un’azione a favore delle popolazioni sconvolte
dalla guerra assolutamente indiscutibile e di alto contenuto morale e umano.
L’ex
ministro degli Interni e delle Colonie, grazie alla sua trama ramificatissima
di rapporti istituzionali e personali di forte rilevanza politica e nazionale,
si fa carico, quindi, delle numerosissime e drammatiche problematiche del suo
collegio[5]. La
sua corrispondenza comprende le lettere a lui inviate dagli amministratori
locali (Dall’Armi, il segretario Girolamo Baratto su tutti) alla ricerca di un
orientamento, dai ministeri degli Interni, dell’Agricoltura, dall’Alto
commissariato dei profughi, dalla Presidenza del consiglio, dal prefetto, dalle
autorità locali e provinciali, dai privati, parroci, industriali, amici,
militari. Come risulta dalla lettura dell’annale, Bertolini interviene con
parole infuocate per ridurre le percentuali di requisizione dei bovini e i
provvedimenti di incetta dei grani:
Ma non si può considerare che un assassinio
una misura simile. L’invasore avrà tutto l’interesse a lasciar modo alle
popolazioni di vivere, come ha fatto in Belgio dove la coltura ha continuato!
Esso di certo non farebbe ciò che il nostro Governo si appresta a fare![6]
Interviene
per scongiurare lo sgombero totale della città in gennaio particolarmente
auspicato dagli inglesi, cura personalmente i contatti per gestire al meglio
l’arretramento della popolazione dei paesi sul Piave nel bacino montebellunese,
asolano e castellano, attivandosi per vettovagliamenti e soprattutto concordando,
attraverso ministeri, l’Alto commissariato e le prefetture, destinazioni meno
ostili o lontane; attiva le sue amicizie negli ambienti militari per
sollecitare il ripristino degli acquedotti e del canale Brentella, la
costruzione dei ricoveri per la popolazione, l’invio dei necessari
vettovagliamenti; si adopera per il trasferimento delle attrezzature produttive
di importanti unità produttive del distretto (Canapificio Veneto, Filanda Piva,
stabilimento Ancilotto); interviene a favore del clero locale promuovendo
l’esonero militare per i giovani cappellani impegnati a favore delle
popolazioni (Dal Colle compreso) e cercando di evitare il carcere a quelli
accusati di attività antipatriottica
(esemplare il caso del parroco di Paese Don Andreatti); si muove sul piano
rischiosissimo della permanenza in loco delle famiglie contadine, accettando la
partenza delle persone “non utili” e dei nuclei famigliari non produttivi;
all’indomani della vittoria chiede, senza por tempo in mezzo, i primi immediati
risarcimenti per i danni subiti e urgenti interventi per il riatto di un
territorio sconvolto nelle sue infrastrutture e nella sua trama produttiva, con
le fabbriche del territorio chiuse o trasferite, il polo industriale di Guarda
smobilitato[7], le campagne devastate e
un patrimonio vegetale, storico e materiale gravemente compromesso. E si reca
spesso in paese, portando conforto, interloquendo con l’amministrazione
provvisoria, adoperandosi per portare al sicuro le bambine locali e visitando
la sua villa occupata periodicamente da truppe italiane e inglesi[8].
L’azione
intensa, quotidiana e sistematica di un notabile che fino a quel momento si era
segnalato soprattutto per le sue notevoli competenze giuridiche e
amministrative, si avvicina, nei mesi orribili della guerra, ad un profondo,
disinteressato e totale atto d’amore per la sua terra d’adozione; un vibrante e
al tempo stesso struggente canto del cigno di chi, subito dopo aver prodotto l’azione “popolare” più alta del proprio servizio
politico, proprio dal quel popolo verrà clamorosamente respinto nelle elezioni
del ’19: a dimostrazione che in politica ciò che produce il movimento è la
direzione del sistema o delle cose e non certo l’intenzione o la volontà del
singolo.
Tratto da “Lucio De Bortoli, Montebelluna. Società e Guerra. Montebelluna
1915-18, Edizioni Antilia
Lucio De Bortoli ©
[1] Nonostante la statura dell’uomo politico in età
giolittiana, lo stato degli studi su Pietro Bertolini è, proporzionalmente,
assai povero. La cosa desta ulteriore sconcerto se si pensi che Bertolini
raggiunse, presso i contemporanei una notevole celebrità. Ciò nonostante, il
testo di riferimento per decenni è stato la voce,
seppur ottima, di Giuliano Procacci in Dizionario
Biografico degli Italiani, IX, Roma 1967, pp. 598-601. Prima di lui va
almeno ricordato quello di C. Montalcini, Pietro
Bertolini, in “Nuova Antologia”, dicembre 1921, pp. 209-233. Indicazioni e
riferimenti sparsi su Bertolini si trovano anche in Hartmut Ulrich, in
particolare La classe politica nella
crisi di partecipazione dell’Italia giolittiana, 1909-1913, Roma 1979. Il
ritorno d’interesse a livello locale si deve a Benito Buosi che nel suo Maledetta Giavera, Amadeus Edizioni,
Montebelluna 1992, dedicato alla questione “montelliana”, ospita una prima
panoramica sull’attività di Bertolini; allo stesso Buosi si deve anche
l’organizzazione del convegno di studi: Pietro
Bertolini. Un protagonista della storia montebellunese dal Comune al Governo,
Atti del Convegno, Montebelluna 15-16 ottobre 1999, Biblioteca Comunale di
Montebelluna, Cierre Edizioni, Sommacampagna 2002. Si veda anche De Bortoli, Nascita della città, fondazione della Banca
cit. Infine, la raccolta di lettere e telegrammi dal novembre ’17 al novembre
’18 è parte dell’epistolario di Bertolini custodito nell’archivio privato di
proprietà della famiglia (APBr., Corrispondenza
Varia).
[2] La posizione di colui che
era, nell’estate del ’14, il numero due di Giolitti, è contenuta nel suo Diario (Agosto 1914-1915), in Estratto
dalla Nuova Antologia, Roma, febbraio
1923, pubblicato postumo dalla moglie Sofia Bertolini Guerrieri-Gonzaga.
[3] Così Silvio Lanaro, Pietro Bertolini e la classe politica veneta
nell’età giolittiana, in Pietro
Bertolini cit., p .20.
[4] Al popolo il diritto di guerra, in Pietro Bertolini cit., pp.
185-199, uno scritto inedito e di grande visionarietà
politica.
[5] Si vedano i numerosi riferimenti documentari dell’Annale. L’immediato riconoscimento di
tale operato, prima ancora che dai suoi concittadini, venne dal Commissario
prefettizio Vincenzo Merricone: «E
tradirei la mia coscienza se non ricordassi pure l’opera di S.E. Bertolini nei
momenti di dolore per la nostra Patria. Quest’uomo dalla più rara multiforme
attività, silenziosamente mi seguiva nell’esplicazione del mio mandato; e
quando il suo intervento si rendeva necessario a favore di interessi del
Comune, non mancò mai il suo appoggio e la sua opera. Ora che per iniziativa di
tanto illustre Rappresentante il Comune potrà giustamente sperare nei
provvedimenti governativi per la giusta riparazione, per quanto parziale, dei
danni sofferti, io auguro che i Montebellunesi si riuniscano con comune intendimento
di bene, e con la illuminata guida dell’uomo che hanno la fortuna di aver a
rappresentante politico, operino con la prosperità del loro paese, al quale la
natura non negò la sua prodigalità». (ACM., Registri deliberazioni Giunta Municipale, b. 7, Seduta 20 marzo
1919.
[6] APBr., Corrispondenza, Bertolini a Miliani, 24
novembre 1917.
[7] Una descrizione drammatica degli edifici
industriali di Guarda in Paolo Viganò, Vita e Avventure di un Industriale,
Tipografia Libreria Emiliana, Venezia, 1923. Per lo stabilimento dei Cotonifici
Trevigiani, all’epoca di proprietà della
famiglia Collalto, si veda la lettera del direttore Demetrio Bassi, in APZ., sciolti, lettera a Girolamo Baratto, 30
gennaio 1918. In dicembre Bertolini era riuscito ad ottenere tramite l’intervento di Achille Visocchi,
Sottosegretario al Tesoro e autore di un’ispezione al fronte, lo sgombero
(seppur parziale) della attrezzature dei Cotonifici, del Cascamificio di
Augusto Bas e, a Crocetta, dell’imponente
Canapificio e della filanda Ancilotto (APBr., Corrispondenza 1917-18, dicembre, in Annale alla data).
[8] L’elenco delle 82
bambine in ACM., Profughi, 1147,
Elenchi. Per i movimenti e le innumerevoli azioni di Bertolini si rimanda
ancora infra Annale, passim.
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